LA COSTANTE

 






E pensare che se c’é una donna fatta apposta, proprio tagliata su misura per ogni genere di sregolatezze, di tradimenti, di bassezze, di débouché, è lei. Beh è fedele, fedele per indolenza, per abulia.”

Michelangelo Antonioni – L’Avventura (1960)


Ricordo ancora l'ultimo bacio, in mezzo ad una strada trafficata nell'ora di punta di una Bari prepandemica, un abbraccio ed una lacrima, un sussurro di speranza smarrito nel vento, prima di salire su un taxi diretto verso il mio presente borghese.

Tanto da allora non è stato detto, od è stato male interpretato. Telefonate sbronze di notti menzognere, altre più parnassiane, sotto di un cielo stellato.

Gli allineamenti sono rari, ma non per questo casuali. Come una goccia, che col tempo scava la pietra, quando l’idea fissa ed il leitmotiv della follia romantica perseverano, l’incontro può diventare una costante. E così é stato: un altro catartico onirico incontro.

Era da così tanto tempo che non ti vedevo che quasi non ci credevo, come quella volta che, lasciandomi incredulo, apparvi alla stazione di Bologna, nel mezzo di una afosa estate, molti anni fa.

Temevo di non ricordarti più. Di che colore saranno i tuoi capelli, che odore avranno, di cosa sapranno le tue labbra, che suono avranno le tue risa, quale voglia celerai tra le tue mani fredde, quando mi toccherai di nuovo, quando mi accarezzerai ancora.

Ti ho trovata avvolta tra le coperte del mio letto ad Amsterdam, come una vergine velata. Tremavi, avevi freddo.

Quanto tempo è passato da quella prima volta a Mallorca, a far l'amore dentro il mare, cullati nel fuoco purpureo delle onde all'aurora, tra le carezze del vento, i volti sfatti, stirati dalla salsedine e dalla stanchezza, ma radiosi. Da quando ti dissi: t’amo - all'ombra delle due torri - da quando ti dissi: ti voglio ricordare per sempre così - baciata dal sole, con gli occhi leggermente schiusi, tra le mie braccia, sulla cima del Tibidabo, e tutta Barcellona davanti a noi. Quanto tempo è passato, quanto ci siamo imborghesiti, quanto siamo cresciuti, cambiati, dalla volta che lo faccemmo a terra, dietro un cespuglio di peonie, o sulla cima di una collina, in quel parco pubblico, o tra i lembi di sabbia, al chiaro di luna. Tutto ci siamo concessi, e così ci siamo consumati, divorati, frantumati.

Ci siamo amati tanto, di amore puro, libero: da definizioni, da giudizi, dagli occhi indiscreti.

E adesso, dopo quest'ultimo incontro, ti confessi: saremo custodi perpetui dei nostri vent'anni infiniti, anarcoidi, di questo amore incontaminato, disilluso, spensierato, autentici fottuti ultimi romantici in un mondo iperindividualista. Così giovani, così splendidamente naif e risoluti, a rincorrerci tra Flixbus, regionali veloci e voli low cost. Per l'Italia, per l'Europa, tra gli spazi lasciati dalle nostre relazioni, quei vuoti che dovevamo riempire con i nostri reincontri, sempre pazzeschi. A rincorrerci sí, ma con il vento contro dei nostri sogni nel cassetto, le nostre voluttuose velleità sessuali e l’arrivismo da bar sport.

Ma saremo per sempre mutui testimoni della nostra unicità, della nostra spregiudicata spensieratezza, dei nostri anni migliori, della mia magrezza esagerata, dei tuoi profili francesi, dei sogni di cinema, dei nostri edonistici anni universitari, della reliquia del nostro amore che fu, della nostra ardita passione, dell'amore sudato in una doppia in via Lame di un un torrido agosto, ormai dieci anni fa.

Le poesie che ci siamo scritti, le bestemmie che ci siamo detti, le scritte sui muri, i pianti infiniti sul lungomare, al Portico dei Servi, le nostre foto erotiche su carta lucida, gli abbracci e gli schiaffi, le lacrime alla stazione una-volta-io-una-volta-tu, le premure e le bugie, i messaggi cancellati, le spunte blue, le volte che ti ho mentito, che ti ho detto ci sei solamente tu, per sempre, nell'infinito. E le carezze. Quante carezze e quante coccole. Milioni di milioni, nel nostro zoo di dolcezza e di sentimenti in cattività. 

Ed ora che te ne vai, rimane solo una domanda: ci sarà una prossima volta? 

In quale stazione o aeroporto del mondo ci reincontremo? Un'ultima altra volta, ancora, al tramonto di tutto?

Non dimenticare, non ti abituare, non credere a chi ti dice che è ora, che siamo grandi, che è finita, che è giunta l'ora - non di essere, ma di avere. Siamo noi la poesia, viva, di questo legame, che corre su queste parole, tra questi versi, tra questi spazi, fatti di carne e di vita vissuta, e di una nostalgia che sa di speranza.  

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